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Lo sviluppo del linguaggio nel bambino

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I bambini sviluppano la capacità di parlare secondo una sequenza ordinata di fasi, passando dalle prime emissioni sonore spontanee e dalle lallazioni, alla costruzione di frasi complete nell’arco di pochissimi anni. Ogni periodo dello sviluppo linguistico si differenzia in modo netto dagli altri.

La sequenza temporale delle diverse fasi è fissa e le capacità di apprendimento o di assimilazione di uno stimolo sono strettamente connesse alla fase in cui si trova il soggetto. 

 

  1. -La prima fase di apprendimento e sviluppo del linguaggio è detta Fase Pre-linguistica. 

Il neonato appare già predisposto all’elaborazione e alla produzione dei suoni contenuti nella voce umana. Sembra che la predisposizione allo stimolo linguistico nell’uomo sia molto precoce e coincida con l’emergere delle primissime capacità di discriminazione sensoriale uditiva, già in epoca fetale: la discriminazione uditiva avrebbe inizio negli ultimi due mesi di vita intrauterina. La prima produzione vocale nel bambino è in forma di lallazioni (la-la-la; ma-ma-ma ecc). Secondo alcune teorie, l’infante produrrebbe delle lallazioni identiche, o analoghe, qualunque sia il suo ambiente linguistico e queste lallazioni sarebbero i precursori delle successive strutture fonetiche proprie di ogni lingua. Questa teoria, tuttavia, non è del tutto persuasiva, in quanto una certa gamma di suoni sono del tutto assenti nella gamma delle lallazioni infantili.

Le lallazioni sarebbero, perciò, un aspetto della messa in opera, (una sorta di ginnastica vocale) delle capacità articolatorie più elementari del bambino piccolo; quindi, non si tratterebbe di precursori ma di un’approssimazione progressiva nell’esecuzione di un compito che corrisponde a risorse di tipo congenito e strutturale. 

Benché i bambini possano inizialmente compiere una discriminazione dei suoni presenti in tutte le lingue, essi affinano alcune capacità di discriminazione in rapporto con l’abitudine ai suoni ascoltati nella lingua materna, mentre perdono gradualmente alcune altre capacità perché non presenti nella lingua.

Nelle prime settimane dalla nascita la comunicazione del lattante avviene attraverso strilli e gridolini, per comunicare la fame, la rabbia e il dolore. 

A partire da 3-5 settimane di vita, si cominciano a produrre suoni vocalici inarticolati e intorno al terzo mese si compiono delle associazioni vocali-consonanti, o lallazioni (inizialmente formate con la vocale A combinata con la consonante M o P o D). 

In breve tempo, queste combinazioni vengono combinate e ripetute come a formare delle parole bisillabiche. Si è visto che i bambini di tutto il mondo iniziano a “parlare” con queste stesse lallazioni nella stessa epoca della vita, anche se essi sono sordi; quindi, questa prima fase, (pre-linguistica) esprime un processo di tipo maturativo del sistema nervoso e motorio e non è certamente il frutto di un apprendimento.

Non a caso la parola che designa la madre (ma-ma, mamma, maman, etc.) è quasi identica nella maggior parte delle lingue, in quanto deriva dalla prima e più elementare espressione “linguistica” che il bambino dirige verso chi si prende cura di lui.

Con il passare dei mesi le lallazioni tendono a coincidere con i fonemi utilizzati dalla lingua dell’ambiente nel quale il bambino viene allevato e verso il settimo-ottavo mese, il bambino può reagire a tono a determinate richieste (dimostrando di comprendere almeno in parte il linguaggio adulto) ed usare lui stesso alcune parole monosillabiche, come il no ed il sì.

 

- Fase Protolinguistica

Mentre le lallazioni (prima fase) sembrano avere uno scarso intento comunicativo, le prime parole che il bambino apprende hanno un intento ed uno scopo comunicativo chiaro. 

Questo intento non corrisponde tuttavia ad una abilità comunicativa ancora valida: infatti, gli scambi verbali fra madre e bambino in questa fase della vita sono ancora prevalentemente monodirezionali, poiché la madre produce gran parte della comunicazione in una sorta di monologo ritmato. La ricchezza di queste stimolazioni contribuisce all’emergere delle prime capacità linguistiche vere e proprie.

La seconda fase di sviluppo del linguaggio è detta anche Fase Monoverbale ed inizia dal decimo-dodicesimo mese circa. Il bambino comincia a comunicare utilizzando una parola per volta, che per lo più non superi la lunghezza di due sillabe, ed il suo vocabolario si arricchisce rapidamente.

Intorno ai diciotto mesi, molti bambini hanno un vocabolario d’uso di circa ottanta parole, e a due anni di circa trecento. 

Fino circa al secondo anno di vita il bambino non costruisce delle frasi vere e proprie, ma si esprime usando solo una parola per volta. Le prime cinquanta parole del vocabolario del bambino non sono le parole più frequentemente utilizzate dai genitori, ma semmai una selezione di quelle parole che sono riferite alle cose che maggiormente lo interessano. L’apprendimento del vocabolario non è quindi imitativo e passivo ma guidato dall’uso e finalizzato alla comunicazione.

Un’altra caratteristica della fase monoverbale riguarda lo spazio semantico. Spesso il bambino iper-estende il senso di una parola per designare molte altre cose oltre a quella corretta. La parola “cane”, per esempio, può essere usata non solo per indicare i cani ma genericamente i piccoli e medi animali di compagnia.

Talora il bambino, al contrario, ipo-estende il senso delle parole.

 

- La terza fase è detta del Fase del Linguaggio Telegrafico. Fra i 18 ed i 24 mesi i bambini cominciano a combinare le parole in espressioni di due o tre elementi. Sono frasi prive di ogni elemento accessorio, come articoli, avverbi o altro, e limitate all’essenziale. 

 

- Dalla quarta fase in poi si parla di linguaggio infantile vero e proprio, perché subentra l’acquisizione grammaticale e sintattica. La sequenza di apprendimento dei morfemi sembra seguire un ordine fisso, che non è connesso alla frequenza di ascolto ma al grado crescente di complessità.

Tipicamente, il bambino iper-regolarizza i morfemi irregolari (es.: “soddisfava” invece di “soddisfaceva”, “salo” invece di “salgo”, etc.), nel senso che modifica il morfema nella sua accezione regolare senza fare eccezioni. Questa iper-regolarizzazione indica che il bambino ha appreso la regola e la logica di costruzione del morfema stesso.

Successivamente i bambini imparano le trasformazioni di semplici frasi dichiarative in forma negativa, interrogativa e composta. 

Fra i 2 e i 6 anni il bambino presenta uno sviluppo semantico che lo porta all’uso del linguaggio adulto con una estensione del vocabolario mediamente di dieci parole al giorno. 

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